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San Francesco di Paola

  Il Santuario di San Francesco di Paola è uno dei luoghi di fede e cultura più visitati del Sud Italia ed in particolare in Calabria. La fama del Santo Protettore di Calabria è nota in tutto il mondo ed ogni anno in occasione dei festeggiamenti a lui dedicati (dall’1 al 4 maggio), migliaia di fedeli  accorrono a rendergli omaggio. Noi di Scopri la Calabria vogliamo guidarvi alla scoperta del Santuario, attraverso il percorso dedicato ai miracoli compiuti da San Francesco. Ecco le cinque tappe alle quali non potrete rinunciare: 1. Il Macigno: all’ingresso  della Basilica una grossa pietra, ormai logorata dal passare del tempo, rappresenta uno dei tanti miracoli compiuti dal Santo. Essa simboleggia la guarigione di un infermo che portò il masso dal mare fino al Santuario e man mano che camminava si accorse della guarigione della sua gamba. 2. La Fornace:  veniva utilizzata da San Francesco per far cuocere il materiale necessario alla costruzione della basilica e del convento. Sede anch’essa di miracoli, si narra che il Santo entrò nella fornace ardente per ripararla e ne uscì illeso, senza alcuna scottatura. Un altro miracolo avvenne nella fornace: San Francesco riportò in vita l’agnellino Martinello, che era stato mangiato dagli operai affamati i quali avevano gettato le ossa nelle fiamme. 3. La Fonte della Cucchiarella: questa tappa ricorda il miracolo secondo il quale questa fonte fu fatta sgorgare dal Santo per  dissetare gli operai che lavoravano alla costruzione  del santuario.  L’acqua che fluisce da questa fonte è miracolosa, si narra che vi fu gettata la lisca di una trota che tornò in vita. La cosa molto curiosa è che l’acqua mantiene sempre lo stesso livello. 4. Il ponte del Diavolo: è il luogo maggiormente suggestivo del Santuario. Si narra che sia stato costruito dal Diavolo per ordine del Santo, il quale in cambio chiese l’anima del primo passante.  San Francesco in quel momento fece passare un cagnolino ed il Diavolo adirato tirò un calcio  al parapetto a sinistra, provocando un foro nel centro del ponte e si poggiò sulla parete a destra lasciandovi un’impronta. 5. La Bomba: al termine del percorso dei miracoli, in una cavità del muro, è possibile scorgere l’involucro di una bomba, che cadde nel torrente durante i bombardamenti del 1943 e che rimase inesplosa.  Quando fu disinnescata, gli addetti ai lavori dichiararono che fu un miracolo la sua inesplosione.  

Maratea

  Pur essendo in Basilicata, Maratea è raggiungibile facilmente grazie alla sua vicinanza dalla Calabria, dalla splendida costa e di grande importanza storica, si caratterizza per il suo borgo Antico e per il numero di Chiese presenti nel paese: ce ne sono ben 44! Meta spirituale di pellegrini e nota località balneare è sormontata dalla Statua del Cristo di Maratea, situata nell’antica Maratea Superior, opera dello scultore fiorentino Bruno Innocenzi e voluta dal Conte Stefano Rivetti di Valcervo. La statua fu innalzata nel 1965 nel luogo in cui si ergeva una croce commemorativa in pietra. Seconda solo al Cristo del Corcovado a Rio de Janeiro, la statua è alta 21 Mt., con una apertura di braccia di 19 Mt. e un viso che misura 3 mt. In virtù della particolare configurazione del volto, la statua, inconfondibile punto di riferimento per la gente di mare, dà l’impressione ad un osservatore lontano che lo sguardo sia rivolto, contrariamente alla realtà, verso il mare. Il belvedere ai piedi della statua è il punto più panoramico di tutto il territorio di Maratea con una eccezionale vista del profilo della costa. Il centro, abitato fin dai tempi del Paleolitico, conobbe il suo primo splendore durante l’epoca romana, vi furono costruite numerose ville e fu sede di un importante mercato di prodotti agricoli e ittici. A causa del pericolo di attacchi dal mare il centro cittadino venne spostato, nel corso degli anni, sul monte San Biagio e venne assunta per la prima volta la denominazione Marathia. Dal dopoguerra è diventata una delle più rinomate mete di turismo balneare e naturalistico, apprezzata anche da intellettuali come Cesare Pavese e Indro Montanelli.  

Isola di Dino

  L’Isola di Dino, una delle antiche Itacesi, è sostanzialmente l’unica isola della Calabria, tenuto conto che quella di Cirella, a circa venti miglia, è poco più che un enorme scoglio. Emerge sul litorale nel Golfo di Policastro, poco più a Sud di fronte a Praia a Mare (CS), a breve distanza dalla costa, di fronte a Capo Arena e alla Torre di Fiuzzi. Un tempo, un istmo la collegava alla terraferma, ma i fenomeni di erosione, cui tutta la zona è soggetta, lo hanno fatto scomparire. L’isola ha una superficie di circa cinquanta ettari ed è costituita da calcari dolomitici. La sua forma è assimilabile ad un ellissoide con l’asse maggiore lungo circa 1 km, disposto in direzione Est-Ovest; l’asse minore misura circa 500 metri. La parte centrale dell’isola è occupata da un pianoro d’altezza variabile tra i 75 e i 100 metri. Il dorso scende poi lentamente verso ponente fino ad una quota di metri 73 sul Frontone. Su cui sorge una cinquecentesca torre di avvistamento. I versanti esposti a Nord ed a Sud si presentano con diversa morfologia. Il versante a Nord è costituito per quasi tutta la sua lunghezza da una falesia verticale, che scende a picco nel mare con un’altezza di circa 70 metri, fino ad interrompersi a pochi metri dal mare con una scogliera molto aspra. Il versante a Sud presenta un profilo meno aspro: degrada dolcemente verso il mare terminando con un’ampia scogliera; è quasi completamente ricoperta di macchia mediterranea e nella parte meridionale c’è anche una bella lecceta, che probabilmente in origine ricopriva l’isola. Varie sono le interpretazioni sul nome. L’isola è stata chiamata “Dino o Dina” forse perché anticamente vi sorgeva un tempio (aedina) consacrato dai naviganti a Venere, dea dell’amore, o ai due Dinosauri, Castore e Polluce, il cui culto era tra i più diffusi tra le città della Magna Grecia, o più probabilmente a Leucotea, protettrice dei naviganti, venerata nella vicina città campana di Velia. La dea, secondo le credenze, avrebbe avuto il compito di rendere propizie le traversate lungo la costa che, per lo splendore del sole e per il luccichio quasi immobile del mare, più che mitica presenza delle Sirene, fiaccava le forze e assopiva le menti dei marinai nell’ora meridiana, con la caduta del vento e con l’incombente calura. Altri la volevano dedicata a Dionea, madre di Venere. Il nome DINO potrebbe però derivare dalla parola greca “DINE” che significa vortice, gorgo d’acqua, turbine, bufera. Il piccolo golfo, compreso tra l’isola e la Punta di Scalea, era temuto dagli uomini di mare a causa delle frequenti e violente mareggiate che ne rendevano difficoltosa la navigazione. Anche in epoca recente questo lembo di mare è temuto da pescherecci che vi praticano la pesca costiera.  

Isola di Cirella

  L’isola di Cirella è un’isola dell’Italia sita nel mar Tirreno, in Calabria. Si trova nella costa nord occidentale del Tirreno calabrese, di fronte l’abitato di Cirella, frazione di Diamante in Provincia di Cosenza. Ha una superficie di 0,12 km² e raggiunge un’altezza massima di circa 40 metri; le rocce calcaree dell’isola, sottoposte all’erosione marina, hanno dato vita a molte grotte ed insenature. La flora è quella tipica della macchia mediterranea, arricchita da boschetti di euforbio e limoni. Sulla sommità si ergono i ruderi di una fortificazione militare, detta Torre dell’Isola di Cirella, di pianta quadrata con lati lunghi circa 10 metri e mura spesse tre o quattro metri. Essa fu costruita nel 1562 per prevenire l’assalto dei pirati turchi all’abitato di Cirella. Si presume che uno specchio di mare intorno all’isola nasconda alcuni reperti archeologici a causa di rinvenimenti di anfore risalenti al periodo greco romano. I fondali del lato est dell’isola sono ricchissimi di vegetazione marina (Posidonia Oceanica) e si ritrovano anche esemplari di Pinna nobilis il più grande bivalve del mediterraneo.  

La torre di Crawford

  La Torre Saracena di S. Nicola Arcella è situata sopra un contrafforte che protegge la baia del porto naturale del paese. L’alta scalinata che porta al primo piano e al secondo piano della torre rappresenta uno degli elementi più importanti di tutta la costruzione. I blocchi di pietra lunghi circa 50 cm e larghi 20 cm, sono sorretti da due grandi archi sovrapposti. Il primo arco immette nel primo piano, il secondo arco immette nel secondo piano. Sopra la torre, il terrazzo serviva per comunicare e avvertire le altre torri di vedetta su eventuali incursione e ciò avveniva tramite grandi falò. In questa torre dimorò ai primi del ‘900 Francis Marion Crawford(1854-1909), scrittore americano, famoso soprattutto per i suoi romanzi storici e del terrore; egli, oltre che scrittore di successo, era appassionato di vela. Mentre compiva un viaggio nelle acque del Tirreno Meridionale, sbarcò nella baia di San Nicola Arcella e si innamorò del posto, soprattutto della torre cinquecentesca posta a difesa delle incursioni saracene. La torre si erge solitaria su questa porzione di roccia ad uncino e non c’è casa che si possa scorgere nel raggio di tre miglia. Un viottolo conduce dalla torre ad una sorgente fatta aprire proprio da Crawford, dove una lapide reca inciso: ”O marinari che vi dissetate su questo lido ove in passato non si trovava stilla d’acqua, pregate per l’anima di colui che aperse questa fonte”. A. D. 1905 . Il romanziere tornò spesso a San Nicola, dove completò uno dei suoi ultimi romanzi “The diva’s ruby”(1907), soggiornandovi alla ricerca di luoghi e tracce del passato medievale di questa zona, ambiente ideale per i suoi racconti intrisi di mistero.  

La Grotta del Romito

  Sito archeologico di assoluto rilievo, risalente al Paleolitico superiore, la Grotta del Romito contiene evidenti e abbondanti tracce di frequentazione umana, nonché tra le maggiori testimonianze dell’arte preistorica in Italia, tra le più antiche d’Europa. Il sito si trova in località Nuppolara in agro del Comune di Papasidero, a 296 metri di quota tra gli anfratti della scoscesa Valle del Lao. L’area archeologica ricade nella superficie del grande Parco Nazionale del Pollino, venne individuata nel 1961 regalando preziose informazioni circa la vita preistorica dell’homo sapiens. All’interno della Grotta del Romito, scavata nella roccia calcarea per 20 metri di profondità, è stato rinvenuto nel 1961 un graffito raffigurante due bovidi (Bos primigenius) che gli esperti di paleontologia fanno risalire al Paleolitico superiore, circa 16 mila anni fa. Il graffito mostra la figura di un toro preistorico lungo circa 1,20 metri, disegnato con tratto forte e sicuro. Le corna, viste ambedue di lato, sono proiettate in avanti e hanno il profilo chiuso. Sono rappresentate con cura alcuni particolari del primo bovide come le narici, la bocca, l’occhio appena accennato, l’orecchio. Nello stesso graffito, al di sotto della grande figura di toro vi è incisa, in maniera più sottile, un’altra figura di bovide di cui sono eseguiti soltanto il petto, la testa e una parte della schiena. All’interno della Grotta del Romito, di fronte al masso con i 2 bovidi ve ne è un altro di circa 3,50 metri di lunghezza, con segni lineari incisi di significato apparentemente incomprensibile, ma di chiara mano umana. Le meraviglie del Romito non finiscono ai graffiti impressi nella roccia calcarea.  

Il cedro e la Riviera dei cedri

  Come la storia dei monumenti, anche i sapori di una cucina possono, infatti, raccontare la storia di un popolo e di una terra. In particolare, la Calabria è stata sempre una regione basata su una cultura contadina, fatta di agricoltura e pastorizia e i piccoli centri che la compongono hanno così creato delle proprie piccole cucine, i cui ingredienti locali, cucinati non solo in modi diversi, ma spesso riconosciuti, da zona a zona, con nomi differenti, le hanno caratterizzate, rendendole particolarmente suggestive. La presenza di popolazioni diverse, il cui influsso permane nel patrimonio culturale, e la morfologia stessa della regione, legata ad un alternarsi di panorami variegati, fanno si che anche dal punto di vista gastronomico la Calabria sia quanto mai ricca e stimolante. Dall’olio al vino, dalla carne di maiale alla selvaggina, dal pesce ai prodotti caseari, dagli ortaggi e legumi alla frutta, al Cedro di Santa Maria del Cedro, la Calabria vanta materie prime di straordinaria qualità. In particolare, la Riviera rappresenta una vetrina d’eccellenza caratterizzata da alcuni sapori assai pregiati: dal Vino D.O.C. di Verbicaro, al Peperoncino, con la sua Accademia ed il Festival, al Cedro con il Consorzio del Cedro di Calabria e la kermesse gastronomico-culturale “Il Cedro nella Riviera”. Può essere, quindi, significativo un itinerario che ci conduca a conoscere soprattutto la cucina legata al cedro, alla Riviera, e al suo legame con la storia. Un vero e proprio rito secolare che ogni anno si ripete con i tempi e i modi propri della tradizione ai primi di agosto e che raccoglie in Calabria rabbini provenienti da tutta Italia giunti per raccogliere e selezionare i cedri, frutto indispensabile per la celebrazione della festa delle capanne, “Sukkoth”, che si svolge ogni anno nel mese di ottobre e che nella cultura ebraica è l’avvenimento religioso più importante dell’anno. E proprio in stretta relazione con questa tradizioni anche quest’anno nel mese di ottobre Santa Maria del Cedro, in provincia di Cosenza, si appresta a vivere la festa della raccolta che si protrarrà dal 15 ottobre fino all’1 novembre. Nel corso di questi 15 giorni Santa Maria del Cedro e la riviera omonima che si estende lungo il Tirreno cosentino, vivranno il momento più atteso ossia quello della raccolta dell’agrume che da secoli rappresenta una risorsa per la comunità. Moltissime le iniziative in programmazione che si svolgeranno nelle cedriere, al “Museo del Cedro”, nella “Cittadella del Cedro”, nel centro storico del paese e sulla Riviera dei Cedri. Il programma prevede eventi legati al mondo agricolo, alle tradizioni, alla gastronomia.  

Peperoncino calabrese

  Coltivato e amato nella Riviera dei cedri (22 comuni da Tortora a Paola), simbolo in questa terra di Arte, cultura, folklore e tradizione! Principe indiscusso della gastronomia calabrese è il peperoncino, al quale a Diamante (CS) dal 1992 è dedicata una manifestazione annuale denominata Peperoncino Festival. Molteplici sono le proprietà e gli effetti benefici del peperoncino a partire dalla proprietà digestiva. Il peperoncino ha anche proprietà antibiotiche, antibatteriche e antiossidanti. Usato molto in cucina risulta essere un ottimo rimedio naturale per la cura di raffreddore, bronchite o sinusite.  

San Nicola Arcella

  San Nicola Arcella è uno dei centri balneari ed esclusivi più conosciuti dell’alto Tirreno cosentino. La sua storia si fonde direttamente con quella di Scalea e dell’antica Laos. Il territorio della cittadina sorge prevalentemente su una rocca, facilmente difendibile, e da cui era possibile osservare le incursioni nemiche. Prima San Nicola dei Bulgari, assunse l’attuale denominazione nel 1912, nel corso degli anni ha conosciuto un forte sviluppo edile grazie alle sue bellezze naturalistiche che hanno attirato investimenti nel campo turistico. E proprio tra le bellezze naturali, la più conosciuta è l’Arcomagno, un fantastico monumento scolpito dall’erosione del mare. Conosciuta anche come Grotta del Saraceno, la spiaggetta è meta ambita durante l’estate, deve il suo nome ai pirati che pare vi si insediassero prima delle scorribande sulle cittadine della costa, e proprio uno dei monumenti più celebri di San Nicola serviva per prevenire gli attacchi dei Saraceni: la torre Crawford, costruzione militare ancora oggi presente. La torretta fu intitolata ad uno dei suoi più celebri ospiti: nei primi anni del XX secolo abitò al suo interno lo scrittore americano Francis Marion Crawford, innamorato della zona e che all’interno ambientò uno dei suoi celebri racconti horror.  

Diamante e Cirella

  Orgoglio calabrese denominato “Perla del Tirreno”, così la definì la scrittrice Matilde Serao, passata da qui e affascinata dal luogo. Di origini recenti (il primo nucleo abitativo risale al 1634), rappresenta uno dei borghi più culturali della Calabria. Ospita infatti tra le vie del centro storico un vero e proprio museo a cielo aperto: passeggiando per le caratteristiche vie del paese si possono ammirare murales di artisti provenienti da tutto il mondo che hanno lasciato il segno e la firma del loro passaggio. E’ denominata inoltre “La Città dei Murales e del Peperoncino” e proprio a quest’ultimo è dedicato un Festival che si svolge ogni anno a fine estate ed è anche sede dell’Accademia del Peperoncino, diventato non solo un ingrediente tipico ma anche culturale. A pochi km di distanza da questa splendida località sono raggiungibili ulteriori punti di interesse non meno importanti: L’isola di Cirella, a pochissima distanza dalla costa, i ruderi dell’antica Cerillae (Cirella), pezzi di storia millenaria che ospitano ai suoi piedi un recente Anfiteatro in stile greco, luogo di importanti eventi culturali e artistici. Proprio la piccola frazione racchiude in se passaggi di svariate ere: abitata già durante l’epoca magnogreca, fu una fiorente colonia, venne poi distrutta e ricostruita nel corso dei secoli, per evitare e combattere le incursioni saracene la popolazione si rifugiò sul promontorio che la domina e su cui sono adagiati, ancora oggi, i ruderi, oramai in rovina, a testimonianza del bombardamento della marina inglese del 1808.